Ho faticato a finire questo racconto che in teoria avrebbe dovuto essere breve e semplice.
Eppure mi pare non esistano parole adatte ad esprimere la meraviglia di un vero parto naturale, di una nascita rispettata. Mi sembra che a raccontarlo lo si sminuisca. Mi perdo in particolari perchè vorrei dire tutto, ma mentre li scrivo mi sembrano invece così inutili e superflui. Vorrei che leggendolo si sentisse come tutto è venuto spontaneo ed è stato semplice e perfetto.
Se avete capito cos’è lasciarsi andare, l’abbandono,
se tutto nel vostro corpo è aperto, libero, disteso e,
particolarmente, la bocca, la gola, le mani, gli occhi,
allora non dovete fare proprio niente.
Se non lasciare fare,
lasciare nascere il bambino.
Basta non fare opposizione, non spaventarsi,
nè irritarsi della forza, della frenesia che il bambino mette a voler nascere.
Infine, supremo sacrificio, abnegazione totale,
bisogna dirgli dentro di sè
si, lasciami.
La vita, la tua vita è là, davanti a te.
Prendila
Frederick Leboyer
39+4
La nascita
Piove, tutto il nord italia è a rischio alluvione, le scuole sono chiuse per precauzione e il lunedì con le belve a casa è piuttosto faticoso. I dolori sono costanti e regolari per tutto il giorno, ma le cose da fare e a cui pensare sono talmente tante che non me ne rendo quasi conto, però il pomeriggio lo passo quasi continuamente seduta, sono molto stanca, ma tutto sommato tranquilla. Siamo tranquilli, anche se l’imminente partenza del papà ci preoccupa un po’.
La sera ci mettiamo sul divano con Silvio a guardare un film, per la prima volta della giornata ferma mi rendo conto che per quanto non dolorosissime queste contrazioni sono costanti, ogni 8 minuti e durano circa 1 minuto, prendono sia la pancia che la schiena.
Prima di addormentarci parliamo con la pancia, chiediamo a quel bimbo misterioso di nascere entro un giorno e mezzo oppure di attendere fino a sabato, in modo che il suo papà possa conoscerlo non appena vede la luce. poi andiamo a letto. Ammetto che ho pensato che forse sarebbe stata la notte buona quando Silvio mi ha detto che avevo proprio un gran pancione e che il giorno dopo mi avrebbe fatto una foto.
Dopo un’oretta a malapena, all’1,20, vengo svegliata da una contrazione, non è fortissima ma ecco, svegliare mi ha svegliata… mi faccio accompagnare in bagno, da sola non sto in piedi. Penso che quando l’intestino si svuota può essere segno che il travaglio è vicino, poi penso anche che insomma è una cosa che succede ogni tanto che magari non vuol dire niente…
Però quando torno a letto arriva un’altra contrazione e mi viene da mettermi carponi. Dico a Silvio che non sono sicura che sia il momento, ma che preferisco andare al piano di sotto, perché se si dovesse intensificare ho paura di non riuscire a fare le scale e su non sono a mio agio perché non voglio disturbare le bimbe che dormono nella stanza di fianco.
Quindi ci trasferiamo nel bagno al piano di sotto, l’intestino continua il suo lavoro e Silvio comincia a preparare il materasso in sala da pranzo.
Si alternano una contrazione piuttosto forte e intensa, che mi invita a vocalizzare, che non vedo l’ora che finisca, che cerco di focalizzare l’apertura, di pensare all’aria che fa scivolare fuori il bambino, che mi aggrappo a tutto quello che ho letto sul dolore del parto… ad una più gestibile, quasi delicata, che mi permette di riprendere il controllo e addirittura di dubitare che sia veramente ora che nasca.
Chiedo a Silvio di spegnere la luce in bagno e lui, senza che gli abbia dato nessun indicazione, mi accende delle candele. Il bagno è caldo, la luce soffusa, sto bene.
Lui mi chiede scusa, ma non riesce a stare fermo, ha bisogno di fare qualcosa, quindi finisce di sistemare la sala, ma lo percepisco sempre vicino a me e quando sente che comincio a vocalizzare accorre e mi tiene la mano.
Intanto la vasca si sta riempiendo, ricordo la sensazione di sollievo provata con Manuela appena entrata in acqua e comincio ad anelare ad immergermi.
Tra una contrazione e l’altra comincio a faticare a rilassarmi, ho le gambe che tremano. E’ successo anche l’altra volta, non mi spavento. Chiamo di nuovo il respiro ad aiutarmi, cerco di spalancare la bocca e soffiare fuori, di ricordarmi perché, il significato e la funzione di questo dolore.
Entro in acqua e immediatamente mi sciolgo, ma subito dopo arriva una contrazione. Silvio mi dice che se è così forte in acqua non ci sono dubbi, è il momento. Mi chiede se voglio che chiami le ostetriche e gli rispondo che al momento sto bene così e lui non ribatte.
Poi ho una sensazione strana, lo so che è arrivato il momento, che questo bimbo sta per nascere, ma nello stesso tempo avverto che qualcosa è bloccato, che temo l’espulsione. Sono stupita, non ho mai avuto paura del parto. Ripenso alla poesia di Leboyer, quella poesia che mi hanno dedicato le amiche speciali al belssingway e ho subito sentito mia. Allora parlo con Calamita, sento che quella paura è sua, lo avverto con molta chiarezza, quindi gli dico che è arrivato il momento, che lo lascio andare, che anche io ho paura, ma che è normale, che io l’ho già vissuto e che si fidi si può fare. Che sono lì ad aspettarlo, che non sarà più dentro di me, ma sempre con me comunque, che per sempre sarò la sua mamma e per sempre sarò vicino a lui.
Sento qualcosa che si scioglie, alla spinta successiva sento premere sul sacro.
Intanto Silvio mi chiede se può chiamare le ostetriche e io accetto.
Gli dico che ci siamo, che secondo me alla prossima contrazione dovrò spingere. Lui prova a visitarmi, dice che non gli pare già così in basso. Mi fa tenerezza, mi sento tranquilla, con lui vicino, da un lato so già cosa succederà, l’ho già vissuto e non so se questo mi rassicura oppure mi spaventa.
Silvio è sulla porta del bagno quando arriva una nuova contrazione. Ora non ricordo di aver urlato, ma probabilmente non ho proprio parlato tanto tranquillamente, comunque l’ho chiamato “la testa sta per uscire!”.
A differenza di quello che mi era accaduto con Manuela non mi è venuto da accoglierla direttamente tra le mie mani, ma ho sentito molto la tensione del perineo e lì ho posato la mano come a voler controllare che non si rompesse tutto. E’ stata una sensazione incredibile, come di una palla che mi riempisse la vagina. Intanto Silvio si è tolto al volo l’orologio e si è lavato le mani (senza pensare forse che poi le avrebbe immerse nell’acqua) e ha sorretto la testa che ormai stava uscendo. L’attesa della contrazione successiva è stata eterna… la tensione dei tessuti al massimo e il bruciore. Poi una nuova spinta e tutto il resto del corpo è scivolato fuori, sempre tra le mani del papà, che poi, un po’ impacciato, mi ha chiesto cosa dovesse fare
Io ero incredula, era già nato, era tra le nostre braccia, era nato con i suoi genitori e basta, era un maschietto, le mie sensazioni erano state corrette fin dall’inizio… eccolo lì, questo bimbo misterioso, Calamita tenace che si era presentato a sorpresa nella nostra vita e ora già ci commuoveva e ci faceva chiedere come mai avevamo potuto pensare di vivere senza di lui, di privarci di questa emozione così intensa, di questo attimo di incredulità e onnipotenza, in cui tutti e 3 ci eravamo fusi come un unico essere con lo stesso scopo.
Ci guardiamo, ridiamo… un po’ impacciati. e adesso cosa facciamo? Il bimbo è addosso a me, sul mio petto, lo copriamo con un asciugamano, cerchiamo di tenerlo caldo, Aspettiamo le ostetriche per il secondamento. Il papà mi spiega che aveva il cordone intorno al collo, che gliel’ha tolto appena è uscita la testa e poi ci fa la prima foto, emozionato e voglioso di urlare al mondo di aver assistito da solo alla nascita del suo erede maschio.
Io fatico ancora a crederci, non osavo sperarlo, ma lo sapevo che questo figlio voleva nascere così, che non voleva intrusi e che chiamava suo padre, perché ci fosse, perché assistesse e perché forse facesse subito pace con un figlio che non era atteso.
Sento un’energia tranquilla che trasuda da quest’essere che appena nato mi pare così saggio, che ha saputo condurci in tutti questi mesi, con pazienza e tenacia. Sento che siamo così diversi da quando siamo partiti, sento così forte l’affetto e il legame che ci unisce e spero di non dimenticarmene mai.
Potrei interrompere qui il mio racconto e sarebbe, forse più poetico, ma invece vado avanti, perché in realtà non è tutto finito.
Quando arriva la prima ostetrica (che sarebbe la seconda, ma abita più vicina e quindi fa più in fretta) è passata quasi mezz’ora dalla nascita. mi aiuta ad uscire dalla vasca e a vestirci. Ci sdraiamo su un materasso in sala da pranzo in attesa che nasca anche la placenta. E’ strano, a differenza di come era accaduto con Manuela, sento che il parto non è finito, sono quasi impaziente di concludere il secondamento.
Arriva anche l’altra ostetrica e si trasferiscono tutti in cucina a prendere il caffè, lasciando me e Gabriele a conoscerci nella luce soffusa.
Una contrazione e la placenta scivola fuori, mi pare pesante e grandissima.
La prima cosa che nota l’ostetrica quando la controlla è che nelle membrane c’è solo un buco, un cerchio perfetto dal quale Gabriele è scivolato fuori durante l’espulsione, praticamente non ho rotto le acque durante il travaglio, forse anche per questo ho avuto quella sensazione di palloncino gonfio. Poi vedo che ad un certo punto è perplessa, si guardano tra di loro, un po’ stupite… chiedo cosa ci sia e loro mi spiegano che sembra esserci una piccola camera, dentro le membrane, un cordoncino che secondo loro potrebbe essere… un gemellino!
Ecco, mi pare impossibile, la cosa mi stupisce e sconvolge un po’ allo stesso tempo. Quando lo diciamo a Silvio anche lui è sorpreso e spaventato. Poi ripensiamo: alle mie paure di aborto all’inizio della gravidanza, quando io sognavo perdite di sangue e avevo pensieri brutti e mettendomi in contatto con la pancia invece avevo conferme di serenità, si ma da uno e non dall’altro evidentemente… e le paure di Silvio prima dell’ecografia, lui continuava a dire che sperava non fossero 2… e Eleonora che continuava a dire che erano 2, che lei ne aveva chiamati 2, un maschietto e una femminuccia…
Allora forse non eravamo pazzi, ma semplicemente sentivamo.
L’ostetrica non ha trovato il filo per legare il cordone prima di tagliarlo, quindi Gabriele resta collegato alla sua placenta e al segno del passaggio del suo gemello fino alla mattina dopo, quando, dopo il clampaggio il papà provvederà a seppellirli nel giardino. Solo in quel momento sentiamo che qualcosa si è concluso e inizia una nuova fase della vita della nostra famiglia in 5.
Grazie Gabriele, mi hai fatto il più bel regalo di compleanno di tutta la mia vita, per sempre l’8 novembre sarà per noi una giornata speciale da festeggiare insieme.
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