25 Giugno 2009
Alle cinque e un quarto sento di dover fare pipì…. Oddio… Arriverò in tempo al bagno??? E’ una pipì strana… Torno a letto…
Alle sei meno un quarto… di nuovo!!! Corri corri…
Eh no… questa volta il liquido amniotico scende giù da una coscia, fino al piede… E’ poco e chiaro ma è sceso senza stimolo di fare pipì…
Mi metto un salvaslip e vado a svegliare il papà. “Ricky?” – “oooooooh…” poverino ha la bocca impastata dal sonno “Mi sa che mi si sono rotte le acque…” – “E me lo dici così???” salta su a sedere. “E come te lo devo dire?” e scoppio a ridere…
Comincia il nostro viaggio, o meglio il nostro arrivo ad un nuovo porto di partenza.
La mia gravidanza, durata 38 settimane e un giorno che mi ha fatto vivere ogni giorno ed ogni visita medica con il terrore di non avere questo bambino, sta per concludersi. E io penso “Finalmente!”
Spero che in ospedale, se ci andremo, non mi mandino a casa.
Decidiamo di aspettare un pochino, non ho dolori né contrazioni; facciamo colazione con calma. Mentre butto giù un caffellatte e qualche biscotto (non ho fame) facciamo due conti e pensiamo che, se non mi ricoverano, Ricky può andare a lavoro visto l’orario, quindi decidiamo che alle sei e 40 partiremo da casa.
Prendiamo la valigia dell’ospedale e andiamo. Ho dolori come quando devono venirmi le mestruazioni, lievi lievi. Nient’altro.
Durante il tragitto Ricky mi chiede come sto e io rispondo che sto benino. Anche se sento che si sta muovendo qualcosa.
Arriviamo all’ospedale e parcheggiamo la macchina, lontanissima dall’entrata. Faccio per scendere e sento scendere di tutto…
Poco dopo, mentre saliamo, sento bagnarmi le gambe, di nuovo, di un liquido caldo. Dico a Riccardo “Menomale mi sono messa la gonna…”
Saliamo in reparto e un’ostetrica gentile mi fa stendere sul lettino per il tracciato. Non abbiamo ancora avvertito nessuno. Aspettiamo di sapere se mi ricovereranno ma ho già chiarito che non voglio intorno nessuno al di fuori di mio marito.
Verranno quando io sarò già in sala parto così non li vedrò… Sento che è giusto così, che è giusto non dover rispondere a nessuno e che è giusto pensare solo al mio bambino.
Non ci sono contrazioni e la dilatazione è zero. Devo tornare a fare pipì. L’ostetrica viene con me per verificare che il liquido sia chiaro. E’ tutto apposto. Sono ufficialmente ricoverata.
Avvertiamo tutti. I miei genitori sono a lavoro, faccio dire di rimanere a fare quello che stanno facendo. I miei suoceri vengono avvertiti e immagino mia suocera eccitata che chiama tutti. Mia cognata quasi si mette a piangere al telefono con suo fratello.
Mando un messaggio ad Ilaria e avverto che quel giovedì non andrò al corso pre-parto… Pochi istanti dopo mi risponde che nemmeno lei ci sarà… Ha i dolori e sta arrivando…
Ricky scende a prendere la valigia che avevamo lasciato in macchina; decidiamo che deve andare a sistemare delle cose a casa per poi tornare e non muoversi più.
Mi assegnano la stanza e vedo che al letto accanto al mio, momentaneamente vuoto, sono appesi due fiocchi azzurri…
Sistemo il mio armadietto, fresca come una rosa e mi metto il pigiama.
Sono le 8 e mezza e sono sola; conosco la mia compagna di stanza, mi chiede come chiamerò il bambino e si sorprende a scoprire che si chiamerà come uno dei suoi due gemelli, Luca.
Scopro che ha anche un altro bambino di nove anni che si chiama Riccardo, come mio marito… E’ una compagnia piacevole.
I dolori aumentano regolarmente e pian piano non posso più far finta di niente. Alle nove torna Riccardo, menomale… una luce bellissima vederlo.
Si rende subito conto che è cambiato molto da quando è andato via…
Sono in piedi di fronte al letto, ogni 8 minuti mi piego in avanti, stendo le braccia sul letto e nascondo la testa.
Mi massaggia la schiena ma mi da fastidio. Gli chiedo di farmi solo compagnia. Al momento che passa la contrazione sono di nuovo tranquilla, come se nulla fosse.
Alle undici e quaranta mi visitano: siamo a tre centimetri. Procede tutto benissimo.
Le contrazioni aumentano veloci e non danno tregua e l’unico modo x superarle è stare sdraiata e puntare i piedi contro le cosce di mio marito, appollaiato in fondo al letto. Non riesco a camminare, né a stare seduta, né accosciarmi… Nulla… Solo sdraiata.
Mi portano il pranzo, mio marito insiste perché mangi qualcosa. Butto giù una forchettata di pasta e corro in bagno a rimettere; un po’ di puré… Nulla. Rimetto anche quello. Rinuncio. So che dovrei mangiare ma proprio non mi va.
L’una arriva in un attimo e mi visitano di nuovo… quattro centimetri… COSA??? Mi viene male all’idea di aver fatto solo un centimetro in quelle due ore di inferno…
Ma tutto procede bene. La mia ostetrica è bravissima, si chiama Elisa ha una voce calma ed è dolcissima.
Alle due mi visitano di nuovo, arrivo a stento alla stanzina e non riesco a stare sul lettino. Elisa mi visita in piedi, è davvero in gamba. “Wow – dice – sette centimetri!” “Davvero???” “Sì, scendiamo!” e io “L’epidurale?” Elisa mi dice con un affetto infinito che potrebbe rallentare tutto e io mi ricordo che no, non la voglio l’epidurale, ho sempre detto che se potevo la evitavo. Lei mi dice che posso farcela da sola, che sto andando benissimo e mi convinco che va bene così, niente epidurale. “Brava!” mi dice. E io sorrido. Ho fatto la cosa giusta!
Carrozzina e via; nel tragitto mi concentro sul mio respiro e sento che l’ostetrica dice a Ricky che sono davvero brava che poche arrivano così a sette centimetri e sento confusamente che telefona per dire a tutti di venire. Sono le 14:20 vedo l’orologio annebbiato della sala parto.
Mi visita di nuovo…. Dieci! Posso cominciare a spingere se me la sento…
Cambiamo tre, quattro, cinque posizioni… Non trovo la mia.
Alla fine Elisa tira fuori lo sgabello svedese e ora sì… ora posso spingere…
Brucia e fa male ma pensavo peggio. Non mi sembra mai di morire, mi sento viva…
Le ultime due spinte bruciano come il fuoco, un urlo ed esce la testa; un altro fuori il corpo. Un altro urlo fortissimo… ma non sono io…
Sono le 15:30. Luca è lì. Non mi rendo conto, Ricky piange, Luca piange, io guardo in alto, le luci tiepide al soffitto, sfuocate. Elisa dice “Questo è un Apgar 10”, capisco che è vitale e sta bene, Ricky dice “Guarda, guarda” Tiro su la testa pesantissima e controllo che Luca abbia tutte le dita dei piedi… mi sembrano sei… e due orecchie… Piango… E’ piccolissimo… Ha gli occhi di mia mamma, enormi, spalancati. Me lo appoggiano sulla pancia vuota e lo lasciano lì. Lo chiamo già Amore… Dopo pochi minuti Elisa mi dice di dare un’altra spinta. Nasce la placenta, la controllano, tagliano il cordone e visitano Luca lì, accanto a me, su un tavolinetto apposta. Vediamo tutto. Sta bene anche se è piccolo.
Io sono lacerata e mi devono cucire… Solo in quel momento vedo il ginecologo che era rimasto in un angolo fino alla nascita di Luca. Questo sì che fa male, mica il parto… Luca rimane sempre su di me, mi aiutano ad attaccarlo al seno già mentre mi cuciono.
Dopo un’ora e venti di punti dolorosissimi usciamo.
Sono tutti lì per salutarci; un bacio e se ne vanno, con grande rispetto di me e di mio figlio. Mi mettono nella stanza accanto per l’osservazione delle due ore. L’utero non si contrae e mi attaccano una flebo. Cavolo ho fame. Adesso rimaniamo soli, noi tre. Mando Ricky a prendere uno snack alla macchinetta. Mangio e bevo, sto proprio bene. Non sento neppure i punti.
Attacco ripetutamente Luca al seno e lo tengo su di me, per fargli sentire il battito del mio cuore e il mio calore.
Dopo poco Ilaria arriva con Matteo. Anche lei ha la flebo e allora capisco che questa è una cosa un po’ sottovalutata…
Mi tolgono la flebo e saliamo in reparto. Il bambino è sempre con me, non ci separano mai. La sera porto io il bimbo al nido a mezzanotte e lo torno a prendere alle cinque. Ho bisogno di dormire qualche ora. Lascio il mio latte tirato anche se è poco; so che è prezioso e mi raccomando che gli diano solo quello la notte. La pediatra al secondo giorno prescrive una aggiunta perché Luca cala troppo di peso. Accetto controvoglia e passo le giornate a stimolare il seno col tiralatte e Luca attaccato dall’altra parte.
Al giorno delle dimissioni ci dicono che Luca ha l’ittero alto, è brachicardico ed è calato troppo di peso. Ci trattengono e io piango per due ore. Voglio casa mia con mio marito e mio figlio… Mi mancano i miei gatti ed il mio letto. E’ un giorno lunghissimo e brutto, rifiuto di stare in pigiama. Ma passa.
Ci dimettono insieme: me con Luca, Raffaella coi gemelli, Ilaria con Matteo.
Sono riuscita a far levare l’aggiunta di LA che la pediatra aveva segnato al bambino prima delle dimissioni.
Andiamo a casa, la sera, quando Ricky torna da lavoro e ci passa a prendere e vado via già col tiralatte noleggiato; stimolo il seno appena Luca dorme e quando è sveglio lo tengo attaccato tutto il tempo che vuole, seguendo il mio istinto.
Sono esausta. Ma felice.
I nostri mici conoscono Luca e lo vegliano, dormiamo tranquilli…
Ma ci svegliamo la mattina del 30 Giugno con una notizia terribile… L’esplosione di una cisterna contenente GPL alla stazione di Viareggio alle 23 e 49 del 29 Giugno ha causato il crollo di alcune case nella notte, ci sono molti morti… Piango e capisco, sento, la mia fragilità. Ci sono persone che conosco sotto quelle macerie…
Ma reagisco… La vita è lì con noi e si chiama Luca!
Luca adesso ha tredici mesi e lo allatto ancora a richiesta. Si sveglia ancora la notte anche tre volte; è sveglio, comincia a camminare e a parlare.
Quando guardo mio figlio e ripenso a quel giorno dico “Cavolo, sono stata fortunata!”
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