La comunicazione non violenta

La Comunicazione consapevole e non violenta è un metodo semplice ed efficace, creato da Marshall Rosenberg, amico e collaboratore di Carl Rogers che migliora la capacità di comunicare autenticamente, insegnando ad identificare ed esprimere con chiarezza, in un modo rispettoso di sé e degli altri, ciò che sentiamo e che desideriamo ottenere. Ho conosciuto questa “tecnica”, se così si può chiamare, dopo essere diventata mamma, dopo che mi ero avvicinata naturalmente a qualcosa di simile, cercando di essere la mamma migliore per la mia prima bambina. In seguito mi sono informata maggiormente, e trovo che sia molto interessante, anche se non sempre facile da mettere in pratica.

Per cercare di spiegare bene di cosa si tratta, copio dal sito www.lacittadellaluce.org:

 “La CNV insegna ad usare il linguaggio dell’IO, parlare di noi stessi senza valutare, giudicare, etichettare gli altri, e dà un’alternativa valida alle reazioni automatiche di attacco o fuga di fronte ad una difficoltà relazionale.

 La Comunicazione consapevole e non violenta libera dalle abitudini e dai condizionamenti inconsapevoli.

 Nell’era dell’informatica e della comunicazione, in realtà le persone comunicano sempre più in fretta e male; aumentano la solitudine, l’incomprensione, la mancanza di relazioni profonde, e la paura dell’altro che generano atteggiamenti di rifiuto, integralismo e razzismo.

È un linguaggio nuovo e rivoluzionario che con semplicità trasforma il modo di esprimerci, e permette di liberarci dalla violenza, sia da quella più evidente che da quella più nascosta.

La violenza con cui comunichiamo è il risultato di una mancanza di consapevolezza, è l’espressione di una frustrazione che non trova le parole per esprimersi.

Siamo separati da noi stessi, dai nostri sentimenti e bisogni, l’educazione che riceviamo sviluppa le nostre capacità e comprensione intellettuale ma non le capacità di comprensione emozionale.

Non sappiamo usare il vocabolario della nostra vita interiore, non abbiamo imparato a riconoscere i nostri sentimenti e i nostri bisogni, fin da piccoli siamo stati educati a compiacere gli altri, e abbiamo reagito obbedendo per paura di un castigo o per ricevere un premio ed essere accettati ed amati, oppure ribellandoci e litigando.

Tutto ciò ci porta a comunicare con una violenza sottile, di cui non siamo consapevoli, e anche con le nostre migliori intenzioni i risultati sono scadenti, quando cerchiamo di esprimere qualcosa spesso otteniamo che l’altro reagisca chiudendosi o attaccandoci.

Allo stesso modo, quando qualcuno ci parla, spesso ci sentiamo aggrediti, e reagiamo, e molte volte non sappiamo perché questo succeda.

Siamo così abituati che non ci rendiamo conto di usare una comunicazione malevola, fatta di sarcasmo e di parole che implicano un giudizio”.

La Comunicazione consapevole e non violenta libera dalle abitudini e dai condizionamenti inconsapevoli, e ci aiuta ad usare parole che riconciliano e trovano soluzioni benefiche, invece di esprimere i nostri pensieri con parole che giudicano, separano e aumentano il conflitto. Di fronte ad un problema, la CNV ci aiuta a capire quali sono i nostri sentimenti, e come possiamo esprimere il nostro parere o la nostra richiesta.

L’obiettivo della CNV è quello di giungere alla soluzione migliore per entrambi i partner della comunicazione, senza costringere l’altro a fare ciò che vogliamo noi.

“Quando la nostra richiesta non è un ordine ma è la proposta di una soluzione possibile, saremo capaci di accettare la risposta dell’altro, qualsiasi essa sia, e permetteremo all’altro di esprimere con chiarezza i suoi sentimenti e bisogni e di farci a sua volta una richiesta che ci lasci la libertà di non essere d’accordo e di cercare insieme la soluzione migliore per entrambi”.

Ecco i passi fondamentali di questo approccio:

“OSSERVARE I FATTI SENZA VALUTARE

Sviluppiamo la capacità di osservare e di descrivere in modo chiaro e neutro i fatti concreti che diminuiscono il nostro benessere, dando all’altro una informazione precisa di quanto sta succedendo.

Impariamo ad accorgerci che se c’è un malessere è perché è successo qualcosa, che stiamo reagendo a un evento o a una situazione che genera un’emozione.

IDENTIFICARE ED ESPRIMERE EMOZIONI E SENTIMENTI

Come ci sentiamo in relazione a ciò che è successo e che abbiamo descritto? I fatti generano in noi delle sensazioni a cui sono collegati pensieri, emozioni e sentimenti, quali sono? Impariamo a fermarci e a chiederci “Cosa sento?”, invece di scatenare una reazione di contrattacco a qualcosa che ci ha fatto male.

Invece di scaricare la rabbia e il malessere sull’altro mi fermo, mi ascolto e divento consapevole di cosa sta succedendo in me ed aumento la mia libertà di scelta.

RICONOSCERE LE NECESSITA’, I BISOGNI, I VALORI

Se ho percepito un malessere è perché un mio bisogno, un valore importante per me sono stati frustrati, c’è qualcosa che è insoddisfatto.

Le sensazioni, i pensieri, le emozioni sono segnali che rivelano i nostri veri bisogni e ci aiutano a capire cosa ci serve, cosa è importante per noi, che direzione dare al nostro cammino di crescita.

ESPRIMERE RICHIESTE CHIARE E NEGOZIABILI

A partire dalla consapevolezza dei nostri bisogni reali, impariamo a formulare delle richieste concrete, in modo efficace, empatico, rispettoso di noi stessi e degli altri.

Impariamo a chiedere evitando di dare ordini, manipolare o cercare di obbligare l’altro a fare quanto vogliamo.

Impariamo ad esprimere una richiesta negoziabile e a cercare insieme all’altra persona una soluzione benefica per entrambi”

Come si applica tutto ciò all’educazione dei nostri bambini? Si applica tenendo conto di tutte queste cose appena lette, cercando di fungere da esempio per il bambino, che se avrà un genitore che comunica in modo non violento, lo farà a sua volta.

Trattare il bambino come un essere alla pari, che ha esigenze ed emozioni che possono essere diverse dalle nostre, che può non condividere ciò che gli viene proposto, che ha diritto a spiegazioni e alternative, e non solo a ordini perché “tanto è piccolo” e non può decidere. Dare il nome alle emozioni e ai sentimenti che prova, dirgli che comprendiamo la sua tristezza/rabbia/frustrazione anche quando non possiamo permettergli di compiere una determinata azione, lo aiutano a sentirsi rispettato anche quando siamo obbligati a dare dei limiti. Chiedere scusa quando non siamo riusciti a comunicare in modo non violento, perché la pazienza può scappare a tutti e il modo in cui siamo stati cresciuti (spesso e volentieri non in questo modo) ritorna e sembra essere parte di ogni nostra cellula.

Spesso non ce ne rendiamo conto, ma tendiamo a ripetere gli stessi comportamenti e atteggiamenti che hanno messo in atto i nostri genitori, per diversi meccanismi psicologici. Cercare di spezzare questa pesante catena può aiutarci a vivere la nostra genitorialità in modo nuovo, secondo ciò che noi crediamo veramente giusto, e ci accorgeremo di come questo modo di educare i nostri bimbi possa pagare, fin da subito. Noi saremo più sereni e i nostri figli saranno liberi di esprimersi e di essere spontanei, il dono più bello che possiamo dar loro, e che garantirà una salute mentale e fiducia in loro stessi.

Io ci provo tutti i giorni. Sebbene io non sia stata vittima di violenze fisiche o verbali nella mia famiglia d’origine, credo che l’eredità passata ai miei genitori dai propri genitori non fosse del tutto libera da questo tipo di “violenza” che spesso non viene riconosciuta. Cerchiamo di ricominciare dalla nostra famiglia, se necessario anche con l’aiuto di un terapeuta, e avremo fatto qualcosa di veramente importante per noi e per i nostri bambini.

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