[amazon template=link testuale&chan=mpm-t1&asin=B00CM3PKHQ&title=Questo libro], uscito nel 2009, è una meravigliosa raccolta di racconti di parti in casa, ma non solo. Francesco D’Ingiullo, il curatore di questa opera, ha deciso di raccogliere 48 racconti di parti, non tutti avvenuti a domicilio, ma che in qualche modo sono legati a questa scelta: magari sono stati parti in ospedale perché c’è stato un trasferimento, o come prima tappa del percorso di consapevolezza di alcune mamme. Altri sono stati parti non assistiti, in Italia ma non solo.
Questo libro nasce dalla consapevolezza che spesso le donne che affrontano il loro parto sono molto influenzate dai racconti che sentono, e questi racconti arrivano da altre donne, quasi sempre… Così si finisce per credere che il parto sia un evento così spaventoso e difficile da affrontare, così denso di pericoli, che non si può non andare in ospedale… Ma il parto, ogni parto, è un evento così speciale nella vita di una donna, così unico e irripetibile, che l’autore ha voluto raccogliere tanti racconti per dar voce alle donne, a tutte le donne che sono state raggiunte da questo appello a scrivere o a mandare il racconto del proprio parto… Come dice l’autore stesso: “… un grido a volte di rabbia, a volte di gioia che si vuole a tutti i costi condividere; perché è come quando si scopre una bella cosa che tutti possono avere facilmente, ma questa viene ignorata. …”.
[amazon template=foto prodotti&chan=mpm-img1&asin=B00CM3PKHQ]Clara Scropetta, collaboratrice di Michel Odent e mamma per 3 volte, scrive un bellissimo intervento, prima dell’inizio dei racconti, sul modo in cui le donne di oggi affrontano la nascita dei propri figli, del tutto indirizzate dai medici su tutti i controlli da fare, ma MAI incoraggiate e informate sulla loro intima saggezza, sulla loro assoluta capacità di mettere al mondo i propri bambini, così come lo portano in grembo per 9 mesi. Condivido in particolare queste sue parole: “Credo e so che l’iniziazione alla maternità ha una potenzialità terapeutica dirompente, se vissuta nel pieno della propria potenza creatrice e amante”… Insomma, partorire come ci si sente di farlo, senza interferenze non richieste, può cambiare la vita ad una donna, ma questo avviene poche volte perché nella maggioranza dei casi è difficile che ciò avvenga. Piuttosto, ciò che non si dice e riconosce quasi mai, è che un parto tutto sommato “finito bene”, che sta a significare che madre e bambino sono vivi e non riportano danni fisici permanenti, può essere anche devastante per una mamma: può essere un cesareo inaspettato, un parto operativo o semplicemente con troppi interventi non necessari e invasivi, e anche se la conclusione porta gli altri a dire “E’ andato tutto bene”, perché ciò che conta è soltanto il risultato, spesso non è così. E le mamme non hanno il coraggio e la possibilità di esprimere la loro delusione, la loro sofferenza emotiva e fisica, il loro trauma subito magari per la separazione dal proprio piccolo… Insomma, credo che sarebbe importante imparare a riconoscere anche queste componenti psicologiche ed enotive nel definire un parto “bello” o no… E solo la mamma può esprimere questo giudizio sul proprio parto!
Ho avuto l’onore, il grande onore, di poter vedere pubblicato anche il mio racconto, in mezzo a quelli di tante altre donne come me, e come voi. Il mio è un grido di gioia, per come sono andate le cose e per l’esperienza fantastica che mia figlia mi ha concesso di vivere.
Voglio concludere ancora con alcune parole di Clara: “L’arte di partorire è quella di lasciarsi andare, vivere il momento anzi gustarselo proprio, in tutta l’intensità vitale che sprigiona. Non sono parole ma fatti: ogni donna ha in sé le qualità necessarie a partorire e a provare sommo piacere facendolo. L’arte di assistere al parto è meditativa. Essere piuttosto che fare. Saper stare in silenzio. Emanare pace e fiducia. Saper stare in disparte. Essere capaci del gesto minimo. … Ogni donna, ogni bambino, ogni coppia va trattata con dignità e rispetto in questo momento irripetibile e pregnante. L’ambiente in cui avviene la nascita va purificato da ogni gesto, pensiero, azione o parola che non sia puro e conscio del significato di quello che sta accandendo”.
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questo libro in particolare quando non ero ancora incinta della mia Emma mi ha fatto prendere la fermissima decisione che se avessi mai avuto la possibilità di avere un altro figlio non sarebbe andata più come è stato con Didier in ospedale…
Un mese dopo ero incinta e sapevo perfettamente che la mia bambina sarebbe nata a casa, ai piedi del lettone di fronte alla finestra…
E così è stato…
A me l’ha prestato Paola, l’ostetrica, il giorno in cui è venuta per il primo colloquio. Mi è piaciuto tantissimo anche se, devo dire, alcune storie mi hanno fatto pensare che certe donne sono fuori di testa… Poi, col tempo, ho compreso meglio lo spirito di chi partorisce senza aiuto alcuno.
Quando Poal me l’ha lasciato mi ha avvisata: la sua categoria non ne esce proprio bene… e non aveva tutti i torti. Comunque lo consiglio anch’io.
Un libro meraviglioso, grazie al quale ho preso la decisione che i miei figli sarebbero nati a casa…e ho cominciato a sognare anche un parto non assistito… 🙂
Mi ero persa questo tuo commento, scusa! Eh sì, è proprio un libro meraviglioso… e il parto non assistito affascina anche me!
La mia ostetrica, dopo che è nata Elena, mi ha messo una pulce nell’orecchio. “Vale, il tuo corpo è un ventaglio…ma non ti sentiresti pronta per un parto non assistito?”. E poi leggendo “Partorire e accudire con dolcezza”, in cui l’autrice racconta le nascite dei suoi 4 figli, di cui l’ultima non assistita…un’altra pulce nell’orecchio. Dovrò scacciarle via, prima o poi, tutte queste pulci! 😉
Oppure mettere in atto 😉